Il Tamburino Sardo


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postus bruttus

Rubrica bassa cucina

Un postus + bruttus
(Giampiero Muroni)

Siete mai arrivati in una città italiana qualsiasi accolti da un enorme manifesto pubblicitario di un bar che vi proponesse “vinus frescus” o di un albergo che si vantasse del proprio “lettus comodus”?

Non credo. Sassari è l'unico posto in cui il turista è salutato da un'enorme scritta in latino... diciamo tardo medievale, visibile da una manciata di chilometri prima, con cui un commerciante di Predda Niedda gli promette nientepopodimeno che “cibus + bonus”.

Non prendetemi per uno snob – sbagliereste di molto – ma c'è un limite alla fantasia degli imprenditori, anche di quelli capaci di usare con spregiudicatezza le icone sacre, e questo limite, quando non soccorre il buon gusto privato, si chiama pubblico decoro. Ed è un limite azionabile dall'Amministrazione civica, che ha titolo a pretendere da tutti i cittadini comportamenti adeguati alla salvaguardia della comune decenza, ossia il rispetto di una serie di regole che tutelino l'immagine e il buon nome della collettività.

I sassaresi sono abituati a considerare la propria “zona industriale” come una vera e propria “zona franca” dai precetti fatti osservare altrove con severità: ad esempio a tollerare lavori in interminabile corso, con tondini arrugginiti che svettano come aureole a incorniciare cantieri mai chiusi. Siamo gente tollerante; però a passare come “grezzi” proprio non ci stiamo: vada per l'asfalto brutalizzato o il traffico caotico calamitato dai centri commerciali, ma cucirsi addosso da soli l'etichetta di zoticoni è un po' troppo.

Quando poi si leggono le polemiche in Consiglio comunale sulla scelta di festeggiare il Capodanno in piazza con il gruppo napoletano degli Almamegretta, si capisce perchè siamo arrivati a tanto. Il capogruppo di AN Giancarlo Carta (quello che, a proposito di buon gusto, aveva trasformato Sassari in Bagdad, tappezzandola coi suoi manifesti elettorali quasi fosse Saddam) ha contestato la scelta ritenendola troppo selettiva: “chi li conosce?” ha detto; molto meglio chiamare Baglioni o i Pooh, veri campioni nazional-popolari coi quali si possono divertire vecchi e bambini, colti e meno colti, in una festa in cui non sia la solita intellighenzia sinistrorsa a cantare e ballare.

A replicare ci ha pensato il sindaco (ma perché sempre lui, poi? Cos'é? L'assessore Mameli non sa parlare?), che ha giustificato la scelta con inoppugnabili ragioni di budget: “Accontentatevi di questi” ha detto in pratica: per Vasco Rossi ci stiamo attrezzando.

Ora, anche coi limiti di un'occasione che ha più dell'alcolico che del culturale come il Fine anno in piazza, fa tristezza constatare che dietro la scelta dei degnissimi Almamegretta ci sia solo una questione di soldi. Piacerebbe che quando un'Amministrazione pubblica invita (e paga) degli artisti per uno spettacolo, lo facesse dopo un ragionamento, una strategia, una politica insomma. Vinicio Capossela, che ha fatto una serata bella e apprezzata due anni fa, è un cantante e un compositore di un certo tipo, adatto a valorizzare un “salotto” come voleva essere piazza d'Italia. Certo, porta meno gente di Laura Pausini – pazienza per i bar del circondario – ma si può dire che risponda a un disegno, piaccia o meno al consigliere Carta.

E invece stavolta no: la scelta del Capodanno 2010 è stata presentata tutta e solo contabile, senza che di politica e di cultura si sia sentita neanche l'esigenza di parlare. Del resto il panettone e lo spumante sono compresi nel prezzo e allora che problema c'è? Gli Almamegretta valgono Capossela, o Benito Urgu, o Celentano: tutti grandi professionisti, o tutti guitti, che è lo stesso.

È così che un'occasione di incontro di una comunità si squalifica a festa strapaesana, con buona pace del lavoro di chi da tali spettacoli ricava il proprio reddito e la propria immagine artistica e di tutti coloro che lavorano alla loro riuscita.

È così che si dà dignità a polemiche sulle politiche culturali ancora basate sul fatto che Tizio assicuri maggiori vendite di birrette ai bar limitrofi rispetto a Caio.

È così che Sassari abdica a un pezzo del suo ruolo di centro culturale del territorio, rassegnandosi a ospitare insegne buzzurre e diventando, ogni giorno che passa, un “postus più bruttus”.

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Giampiero, quella non è un più, ma una croce. Ed è un riferimento all'eucarestia. Il cibus bonus è il corpo di Cristo e il commerciante è un cattolico integralista che ha inciso nel cemento di costruzione dell'edificio non ancora pavimentato frasi evangeliche. Non dico con questo che la scritta sia particolarmente bella, riconduco solo al contesto.

(Mauro)


Sarà anche così, ma non ti pare un po' blasfemo ricordarsi di glorificare il "pane della vita" in coincidenza con l'apertura di un ristorante?

(Giampiero Muroni)




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