Il Tamburino Sardo


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libertà di indipendentismo

Rubrica bassa cucina

La libertà di essere indipendentisti
(Piero Atzori)

Risposta a Guido Melis, autore del recente intervento dal titolo: Perché non possiamo dirci indipendentisti. Prime riflessioni su un tema di attualità

Non sono pochi quelli che sembrano avere la puzza al naso quando parlano di indipendentismo sardo.

Guido Melis, professore ordinario di storia delle istituzioni politiche e di storia dell'amministrazione, è uno di questi. Egli si pone in continuità con lo spirito che nel 1847 determinò una delegazione di Cagliari, Sassari, Alghero a recarsi a Torino per rinunciare, a nome di tutti i sardi, all'antica Autonomia.

1) La sua rappresentazione degli Stamenti sardi mi pare del tutto inadeguata. Anche se egli avesse ragione a definire gli Stamenti "anacronistici", questa non mi pare fosse, nel 1847, una ragione sufficiente per rinunciare all'antica autonomia, gettando via insieme all'acqua sporca anche il bambino. Infatti, del passo fatto ebbero poi a pentirsi gli stessi "rinunciatari", come uno di loro il Siotto Pintor ebbe a manifestare con la formula dell'"
Errammo tutti…". Guido Melis sembrerebbe aver dimenticato la lezione del Prof. Antonio Marongiu nel suo "I Parlamenti di Sardegna nella storia e nel Diritto pubblico comparato", 1931. Gli Stamenti sardi non erano semplicisticamente "di impianto feudale". Il Parlamento sardo era composto da feudatari, per i comuni infeudati, ma anche da rappresentanti designati nelle piazze delle chiese dei comuni non infeudati dell'ex Regno di Arborea (oggi vengono eletti i nominati dai partiti!). Scrive il Marongiu (1903-1989) che "il Parlamento sardo operò attivamente, nei limiti fissati dalla costituzione politica e dalle realtà storiche contingenti, e non lasciò intentata alcuna via per giovare agli interessi generali,.. concorse a moderare l'assolutismo dei monarchi, ...cooperò efficacemente all'emanazione di savie leggi..., contribuì a scongiurare le invasioni militari e diminuì i danni prodotti dalle frequenti scorrerie dei predoni arabi". E continua: "Attraverso l'iniziativa parlamentare i Sardi non solo giunsero a conquistare una parte più notevole del governo dell'isola ma, ottenuta la rappresentanza nel Supremo Consiglio D'Aragona, arrivarono persino ad esprimere il loro voto ed a concorrere all'amministrazione dei territori iberici della Corona spagnola.". Conclude Marongiu affermando: "Per tutto il tempo in cui il nostro istituto ebbe vita i Bracci rappresentarono regolarmente, anche se non costituiti per elezione, le popolazioni isolane. Il Parlamento fu organo rappresentativo non soltanto sotto il profilo giuridico, ma anche sotto l'aspetto propriamente politico. E la sua storia interessa non solo lo studioso di problemi giuridici e politici, ma anche chi voglia rendersi conto dello stato della evoluzione civile del popolo sardo durante il lungo periodo della dominazione straniera.".
G.Melis non sembra poi voler considerare che oggi in Sardegna il parassitismo dei baroni è stato sostituito dal parassitismo politico. Siamo in un periodo neofeudale e Melis non sembra essersene accorto. Il bello è che lui stesso, in quanto parlamentare, potrebbe ben definirsi baronetto. La rendita parassitaria, relativa ad una pensione niente male, a cui si può accedere anche solo dopo una legislatura, anzi solo dopo mezza legislatura lui se l'è già assicurata. Sos "caddos de istalla" anche oggi esistono e si contano in numero veramente intollerabile. Issu puru est unu "caddu de istalla", a brente prena.

2) Noto l'assenza della pars construens. Dopo aver criticato le posizioni indipendentiste e quella di Pietro Soddu, non mi pare il nostro definisca una sua articolata proposta federalista. Dopo i suoi "
non mi convince" e "non credo alla sovranità come chiave di volta..." riesce solo a dire che crede "nella capacità di stare in rete" dei sardi.

3) Inaccettabile è il titolo stesso dell'intervento.
G.Melis parrebbe mettere in discussione la libertà di professarsi indipendentisti.
La parafrasi rovesciata, riferita in prima persona plurale, della nota formula di Benedetto Croce, "non potersi non dire cristiani", trasferita alla libertà di potersi dire o no indipendentisti, suona piuttosto illiberale e intollerante.
Non è chiaro il "noi" di Melis. Noi sardi? Noi democratici di sinistra? Noi sassaresi? Noi perennemente rinunciatari di una vera autonomia?
L'idea indipendentista oggi per molti giovani risponde anche ad un'esigenza di autostima, libertà, affermazione. Occorre prenderne atto.


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